Centro abitato d’epoca romana sviluppatosi intorno alla statio ad Martis costruita dai romani lungo la via Flaminia nel 220 a.C. e ricordata nell’Itinerario dei vasi di Vicarello (I sec.), nell’Itinerario Antonino (II sec.) e nella Tabula Peutingeriana (V sec.); testimonianze certe della sua importanza per tutto il periodo imperiale, in cui fungeva da scalo sulla strada del centro di Tuder. Localizzato nei dintorni dell’odierna Santa Maria in Pantano il Vicus Martis è ricordato nelle molte iscrizioni romane qui rinvenute e che parlano di Vicani Vici Martis, di sodales Martenses, di un collegium iumentariorum, di un sacrun Nympharum e di altre divinità particolarmente venerate come Apollo, Mercurio, Cerere e, soprattutto Marte al quale si deve il nome del Vicus e dell’intero territorio.
Tra i vari reperti che testimoniano l'esistenza del centro abitato si segnalano parte delle mura dell'odierna chiesa di Santa Maria in Pantano.
In effetti la chiesa è annidata nel vano di un edificio tardo imperiale, del quale sono visibili le murature laterali in opus reticulatum con ricorsi di mattoni, nella fiancata destra della chiesa; opus che ricorre anche nel muro esterno, parallelo alla stessa fiancata.
A sinistra della chiesa, sul muro esterno dell’ex monastero, è murata un’urna funeraria romana con bassorilievo raffigurante il Sacrificio di Ifigenia: da sinistra si scorge una figura maschile nuda che tira a se una figura con l’himation sul capo (forse Agamennone), poi un albero stilizzato, un uomo che tiene per i capelli una figura più piccola che fugge (forse Ifigenia), un’ara con dei simboli e tre guerrieri con lancia.
All'interno della chiesa sono poi visibili: un grande capitello corinzio riutilizzato come sostegno dell’ultima arcata di destra; frammenti dell’antico pavimento a mosaico e ad opus spicatum, ritrovati in recenti lavori di restauro e il grande cippo con l’iscrizione che ricorda i Vicani Vici Martis riutilizzato come base per l'altare maggiore.