"È stato scritto tutto e il contrario di tutto su Marilyn Monroe: la più sexy, la diva, capricciosa, depressa, instabile, umorale, ritardataria, pazza. Un ottimo quadro per costruire un suicidio più che realistico. Nell’ambito di una cultura raccontata dagli uomini.
Ma non secondo la versione che appartiene alle donne, per le quali quelle caratteristiche sono i segnali di un disagio profondo verso questa cultura, sono le reazioni di ribellione alla sua sopraffazione da chi non trova sponde e in totale solitudine non riesce a mettere a fuoco la consapevolezza necessaria per chiamare le cose con il loro nome, e denunciare.
Quello di Marilyn è il tormento che non può smettere di scuoterci, e che a 60 anni dalla sua morte torna a riprendersi la scena per dire lei stessa come stanno le cose. Con la sua parola poetica, la sua vita reale prende forma e occupa lo spazio, uscendo una volta per tutte da un’idea di colpa e di giustizia che non cambia mai la sostanza della Storia.
Quello di Marilyn è un femminicidio per eccellenza, comunque siano andate le cose. Perché è stata soffocata la voce di una donna capace di pensiero critico sulle ingiustizie verso gli altri, la discriminazione verso il popolo afro-americano e in particolare i musicisti, artisti come lei sfruttati, e in generale tutti gli artisti e i lavoratori esautorati dalla commissione McCarthy, e verso se stessa, lottando con tutte le sue forze per affermarsi ed essere autonoma anche nel lavoro mentre le major supportate dai media vendevano la sua immagine come icona sexy. Lei ora torna sulla scena per raccontare il suo modo di stare al mondo, e a tutti quelli che credono sia possibile, che c’è un altro modo di vivere, di amare e di avere cura, perché “siamo tutti collegati”."
Anna Maria Bruni